Il genocidio ignorato dei Sioux, i nativi d’America
143 anni fa, il 1 febbraio 1876, gli Stati Uniti d’America dichiararono guerra ai Sioux che non accettarono di trasferirsi nelle riserve, abbandonando i territori dov’era stato scoperto l’oro. Black Hills, il cuore del territorio Lakota. L’inizio del massacro culminato a Wounded Knee. Sul finire del dicembre 1890, la tribù di Miniconjou guidata da Piede Grosso, appresa la notizia dell’assassinio di Toro Seduto, partì dall’accampamento sul torrente Cherry, sperando nella protezione di Nuvola Rossa. Il 28 dicembre furono intercettati dal Settimo Reggimento, che aveva l’ordine di condurli in un accampamento sul Wounded Knee: 120 uomini e 230 tra donne e bambini furono portati sulla riva del torrente, circondati da due squadroni di cavalleria e trucidati. «Brillava il sole in cielo. Ma quando i soldati abbandonarono il campo dopo il loro sporco lavoro, iniziò una forte nevicata. Nella notte arrivò anche il vento. Ci fu una tempesta e il freddo gelido penetrava nelle ossa. Quello che rimase fu un unico immenso cimitero di donne, bambini e neonati che non avevano fatto alcun male se non cercare di scappare via». Nel 1888 invitò i Gesuiti a creare una scuola per i bambini Lakota nella riserva indiana, una scelta necessaria per mantenere il legame degli Indiani con la loro terra. Pochi anni prima il governo aveva cercato di obbligare i bambini a frequentare una scuola “bianca” per essere “civilizzati” con risultati disastrosi per la cultura indiana. I Sioux sono la principale tribù indiana degli Stati Uniti, 25mila persone. Ora vivono in riserve nei loro antichi territori. Continuare a raccontare la loro storia è un modo per non dimenticare di cosa è stato capace l’uomo nel corso della storia e fare in modo che episodi simili non si ripetano.