PTV News 22 ottobre – In Siria è Mosca a dettare l’agenda

Martedì l’attesa firma del memorandum tra Stati Uniti e Russia sulla Siria. Per evitare incidenti fra aerei sul teatro di guerra ma non solo: si arriva fino all’aiuto reciproco in caso di situazioni critiche. Il Pentagono ne minimizza la portata, il Cremlino ne ha secretato i contenuti. Ma l’accordo è stato raggiunto.

Qualche ora prima della visita a sorpresa di Assad a Mosca. Nella quale è avvenuta una prima definizione di un piano diplomatico e di una strategia politica di uscita dalla crisi siriana.
Poco più che formali e di rito le proteste di Washington sulla passerella – il tappeto rosso – offerta da Putin all’alleato Assad.
Che da Ankara incassa il sì ad un interim di sei mesi alla guida della Siria in vista della transizione. Una proposta a doppio taglio che la Turchia al momento starebbe discutendo con i partner occidentali, aspettando che Washington la giri a Mosca, che difficilmente potrebbe accettare.
Perché dopo l’intervento in Siria è la Russia che fissa l’agenda della soluzione della crisi in Medio Oriente. Un calendario serrato, con scadenze concrete e quotidiane.
Continuano le operazioni militari e i bombardamenti dei jet russi, mentre parallelamente si programma la via d’uscita, nell’intreccio di diplomazia e politica. Ed emergono le troppe incongruenze della strategia del caos made in Washington.
Domani a Vienna il Ministro degli esteri russo Lavrov incontra il segretario di stato americano John Kerry, con turchi e sauditi. La Siria al centro dei colloqui.
Mentre è sempre più netta la presa di posizione della Germania e quindi dell’Europa, ormai lontana anni luce dagli Stati Uniti sull’argomento. E’ necessario mettere Russia e Stati Uniti attorno allo stesso tavolo, con Iran e Sauditi, ha dichiarato ieri a Berlino il titolare degli esteri tedesco Frank Walter Steienmeier, che vuole “spingere verso una soluzione politica”.
E l’influenza di Mosca si estende anche all’Iraq, con la possibilità di raid aerei nel paese. Il partito di governo e le milizie sciite, insoddisfatti della campagna americana, hanno fatto appello al primo ministro Haidar al-Abadi perché richieda l’intervento aereo della Russia per combattere i militanti dello Stato Islamico. Del resto a Bagdad Mosca ha già stabilito un quartier generale dell’intelligence per il coordinamento con Iran, Iraq e Siria in funzione anti-ISIS.
Dopo 12 anni e venti miliardi di dollari si apre una crepa nell’asse Bagdad-Washington.

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